Autobiografia clitoridea di Teresa Cinque
Elisa è una bambina bionda, estroversa, spontanea. Ama la vita con la voracità dell’infanzia e con la stessa feroce innocenza insegue ciò che è bello e che le piace. E a Elisa piacciono i buoni voti a scuola, il prosciutto crudo, e masturbarsi. Lo fa per istinto, per curiosità, per stare bene. Finché suo padre, Bruno, la coglie sul fatto e si ritrae disgustato. In quel momento qualcosa in Elisa si rompe per sempre: comincia a sentirsi sporca, reietta, malata, diversa. Quell’episodio plasma la sua vita. Alla solitudine in cui Bruno l’ha relegata si aggiungono nuove esperienze che la intrappolano sempre più in una sensazione di disagio e repulsione verso se stessa: prima le molestie di un prete, poi le attenzioni violente di ragazzi sempre più sbagliati. Nata femmina, intera e perfetta e poi rotta dall’impatto con il mondo dei maschi, Elisa si convince che essere donna significa accettare di lasciarsi misurare e “validare” dagli uomini e si rifugia nel sesso, strumento per sentirsi finalmente giusta e non più sbagliata, uguale a tutti gli altri. Colleziona maschi belli, prestanti, ormonali, trofei di un combattimento senza vincitori. Perché queste relazioni a senso unico sono come svuotate, prive di gioia, e infatti per lungo tempo Elisa raggiunge l’orgasmo unicamente in solitudine, masturbandosi. Tanto, a nessuno sembra interessare granché del suo piacere, troppo capriccioso e inaffidabile, troppo volubile e immaturo per essere preso in considerazione. In una parola: troppo clitorideo.