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Ottiero Ottieri e Donnarumma all’assalto

Ottiero Ottieri, scrittore e sociologo italiano, si laurea in lettere per poi seguire un corso di perfezionamento in letteratura inglese. Ottieri inizia a collaborare a quotidiani e riviste tra le quali la «Fiera letteraria» e, nel 1947, si aggiudica il Premio Mercurio per un racconto, L’isola, pubblicato sulla rivista omonima. Insoddisfatto dall’ambiente letterario romano, secondo lui chiuso ed elitario, nel 1948 decide di partire per Milano. Arrivato a Milano incomincia a lavorare come assistente del capo dell’ufficio stampa della Arnoldo Mondadori Editore. Nel 1950 sposa Silvana Mauri, nipote di Valentino Bompiani, e l’anno dopo inizia a dirigere la rivista mensile di divulgazione scientifica «La Scienza Illustrata».
Il manoscritto del suo primo libro, Memorie dell’incoscienza, rievocazione delle sue esperienze traumatiche di guerra, è proposto dallo stesso Elio Vittorini e viene pubblicato nel 1954. Con il romanzo successivo, Tempi stretti (1957), inizia a occuparsi del mondo operaio alienato. Nel 1959 esce la sua opera più famosa, Donnarumma all’assalto. Tra i libri pubblicati successivamente: L’infermiera di Pisa, Diario del seduttore passivo, Il poema osceno, La linea gotica, La psicoterapeuta bellissima, De morte, Una tragedia milanese e Cery.

Il titolo, Donnarumma all’assalto, attualmente pubblicato da Utopia Editore, si ispira a una vicenda interna al romanzo: un disoccupato senza qualifiche disposto a tutto pur di avere un posto nella luminosa fabbrica aperta al Sud dall’Olivetti. Ottieri coglie tra i primi la drammaticità del contrasto tra il progresso tecnico e materiale e l’arretratezza culturale del meridione d’Italia. Invero però la discussione interna è molto più che una semplice critica della dicotomia Nord-Sud, anzi Ottieri valuta gli operai del Sud uguali nell’operosità a quelli del Nord, ma nella sua trama convivono – accanto a racconti biografici – anche molti spunti saggistici di natura sociologica ed esistenziale, in linea con una matrice kafkiana:

«L’aziendalismo è l’amore umano, inevitabile ma orgoglioso, al proprio lavoro, al marchio di fabbrica; ma anche la rinuncia a capire, a confrontarsi con altri marchi di fabbrica e a partecipare una vita più larga. L’aziendalismo è il rifugio di una società cui non si crede, in cui non si spera più».

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